“Quanto dista, quanto tempo?”
Se lo chiedeva, in italiano, Greg Dulli in calce al booklet di uno dei dischi più belli della mia storia, ascoltato fino alla nausea, Gentleman degli Afghan Whigs.
Distanza e tempo: due parametri che la mente umana continua a collegare, con quei chilometri all’ora o metri al secondo per misurare il nostro muoverci negli spazi.
Ma la domanda di Dulli non sembrava rivolta da automobilista, ma da viandante dei deserti della nostra esistenza: quanto dista la meta? Quanto tempo ci vorrà ancora??
Abbandonata la strada degli Afghan Whigs, il nostro cantautore si è avventurato in una “Desert Session“, viene da chiamarla così perchè l’idea ricorda un pò quella di Josh Homme, a tanto almeno si arriva notando la presenza di Marc Lanegan nella traccia finale del disco. In cerca di quella meta così distante ed irraggiungibile.
Chi, come me, ha messo gli Afghan Whigs in cima alle proprie preferenze amerà questo disco e riconoscerà quel suono così carico e variopinto, quella voce un pò roca e quasi stonata, quei tratti orchestrali che tengono insieme tutto.
Un autentico capolavoro è la canzone “Esta Noche” che da sola vale l’acquisto su Amazon (in Europa non lo si trova ancora): inizia con il suono di un telefono che suona libero (doppio tono all’inglese), ci si aspetta che qualcuno risponda invece il suono accompagna gli strumenti che entrano in scena uno alla volta. Poi si fa caso alle parole:
“Come little lately
Get your shine on
Meet me at the gate
There’s nowhere to go
I can’t be late
I feel cool-
Alive-
Aware-that I’m sinking
The firmament is swallowing me whole
and I’m on a roll again-“
la canzone scivola via ed alla fine gli strumenti sfumano, con quel suono che torna evidente e ci si accorge che quel telefono è squillato a vuoto per tutta la durata della canzone. E nessuno ha risposto…
Il disco si apriva con la bellissima “Martin Eden”, introdotta da un piano languido e di nuovo da quella domanda di Greg, celata all’interno del testo:
“How wide?
How deep the river?
Black-as dark as night
How long?
How far?
I’ll know when I get to the other side”
Un tributo ad una novella di Jack London in cui uno scrittore si tolse la vita perchè non resisteva alla pressione della fama che si era guadagnato.
Il disco suona proprio come quel qualcosa che mancava nella passata stagione musicale, quel sound immobile nello scorrere del tempo e delle mode musicale, ballate che possono essere di ogni stagione, di ogni anno, per ogni ricorrenza.
Coì anche “Decatur Street” che quando parte sembra quasi da Lounge Bar salvo poi tornare sui suoi passi al ritornello rituffandoci indietro ai tempi di “Black Love”, se proprio non volgiamo profanare IL capolavoro. Un suono vagamente seventies, un basso semplice ma deciso e potente.
Ah, che voglia di prendersi una “convertible” e guidarla nella Death Valley…..!
Quando il disco finisce si viene come un pò risvegliati e si ritorna alla realtà.
Si è fatta una passeggiata onirica a ritroso nel tempo ed allo stesso modo verso un futuro prossimo venturo.
Ehi, lei, si dico a lei. Mi scusi…
Quanto dista?
Quanto tempo?
Memorabile!
Tracklist
Martin Eden
Esta Noche
Teenage Wristband
St. Gregory
The Killer
Decatur St.
Papillon
Follow You Down
Feathers
Fat City (Slight Return)
Number Nine
- Titolo: Blackberry Belle
- Artista/Band: The Twilight Singers
- Anno di pubblicazione: 2003
- Etichetta: One Little Indian US