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11: Originals

Quanto è difficile essere originali? Lo spunto ci viene dalle puntate precedenti, dove abbiamo ospitato band emergenti italiane e ci siamo chiesti quale avremmo messo sotto contratto, se fossimo stati dei discografici. Chi è stato davvero originale? Storicamente quali sono gli artisti che lo sono stati? Vi proponiamo una carrellata di artisti che secondo noi […]

On My Own

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Lo dicevo anche qualche giorno fa: la storia e’ piena di chitarristi che a un certo punto si sono rotti i coglioni e sono andati avanti da soli.

In effetti li possiamo anche capire: una vita a scrivere musica sublime e ad intessere trame sonore cui un cantante accomoda la voce e si prende buona parte delle luci della ribalta.

Un esempio recentissimo e Johnny Marr, il cui solo nome ci riporta in un lampo agli Smiths, e ci sembra sempre di risentire la sua chitarra acustica in “Bigmouth Strikes Again”.

La sua sfortuna é stata sicuramente quella di crescere all’ombra di uno degli ultimi poeti della musica contemporanea. Morrissey scriveva i suoi versi con quel modo immaginifico e sublime sulle texture che JM inventava.

Dopo lo scisma la carriera solista del Moz lasciavano a JM un ruolo marginale, quasi di session man (Electronic, The The, Modest Mouse).

E poi, infine, un grande disco da solista, il recente “The Messenger” che abbiamo recensito.

 

Anche John Squire aveva fatto la stessa cosa dopo aver contribuito allo scioglimento iniziale degli Stone Roses, era rimasto all’ombra dei tentativi assai più riusciti di Ian Brown di andare per la propria strada, prima con i Seahorses (niente male per altro) e poi proprio com JS.

Salvo poi decidersi a fare pace con Brown, Reni e Mani e dare vita alla reunion più attesa di tutti i tempi.

 

Leggermente diverso il discorso per Graham Coxon. Pure lui si deve essere rotto le balle della voce nasale di Damon Albarn, impegnato in side project vari. Si e’ messo di buzzo buono ed ha sfornato dei buoni dischi, uno via l’altro. Il tutto di buona fattura ma assai lontano dal capolavoro.

 

Chi proprio non ne poteva più delle continue stupidaggini del suo cantante nonchè fratello, e’ Noel Gallagher. Dopo alcuni tentativi ancora negli Oasis, si eè messo in proprio ed ha prodotto un disco ottimo, sicuramente meglio di quanto abbiano saputo fare i deboli Beady Eye di Liam e quel che restava degli Oasis.

 

Se guardiamo le decine di altri casi simili però non possiamo che constatare che esiste un massimo comune denominatore che accomuna tutte queste diparitite: un successo modesto.

Forse alla fine quello che manca è la chimica, la combinazione di più elementi che produce un disegno più completo. Un’alchimia che un uomo solo al comando, pur se un sublime chitarrista, non è in grado di generare.

Saranno soddisfatti i fan più accaniti della band originaria, per la solita logica del piuttosto che niente meglio piuttosto. Ottimi dischi, ma i capolavori sono altrove.

 

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