Le recenti olimpiadi ci hanno riportato mentalmente e “televisivamente” a Londra. Non che me ne sia mai distaccato, dato che da poco avevo avuto il privilegio di vedere uno di quelli che strillavano “London Calling” comodamente nel salotto di casa (o quasi). E mi aveva fatto un certo effetto, come forse avete letto nel relativo articolo.
Comunque agli inglesi invidio quel senso di malinconia per il passato, quel modo di interpretarlo in chiave presente e portarselo sempre dietro come un valore e non qualcosa di vecchio.
Prendiamo ad esempio la cerimonia inaugurale delle olimpiadi: quale altro popolo avrebbe avuto il coraggio di trasmettere “worldwide” un brano dei Sex Pistols (“Pretty Vacant”), davanti a Her Majesty la Regina, quella che gli stessi sbeffeggiavano nel 1976, con “God Save The Queen”? E poi mandare sul palco gli Arctic Monkeys a suonare “I Bet You Look Good On A Dancefloor”, un pò come se alle olimpiadi di Roma ci mandassimo i Baustelle a cantare “Charlie Fa Surf”.
Insomma tanto di cappello al coraggio londinese, lo stesso che ha messo nel posizionare l’arrivo della gara di ciclismo vicino a Buckingham Palace: per usare lo stesso parallelo con Roma vi immaginate la volata finale in via della Conciliazione?
E che dire delle ciminiere della Battersea Powerstation che metaforicamente spuntavano dal centro del palco dello stadio olimpico? Sei anni fa a Torino per le olimpiadi invernali, spuntava la passera variegata al tricolore di Carla Bruni, all’epoca ancora senza accento e simbolo dell’italiantità in mondovisione. Proprio nella città delle fabbriche italiane di auto ignobili.
Per non parlare poi della cerimonia di chiusura, un vero e proprio “The Best Of..” della storia della musica rock e pop, dagli Who alle Spice Girls, dai Beatles a George Michael.
Eppure non dovremmo sorprenderci affatto, da sempre è proprio il coraggio che ha imposto questa città al mondo, trainata da una controcultura dominante e contagiosa. Fatta di sventolii di Union Jack e rumore di Lambretta, di Clarks e tShirt con il celebre pulmino Volkswagen, di Mini e Parka.
Ancora subisco il fascino di Camden con le sue mille venues dove ascoltare le band del futuro. Per non parlare degli scantinati di Southbank, dove si decide quale sarà il sound della musica elettronica dei prossimi decenni.
I giochi olimpici mi hanno sopratutto riportato nel cuore questa città e quel suo spirito sbarazzino e coraggioso che da sempre la contraddistingue. In nessun’altra metropoli al mondo Renzo Piano avrebbe costruito un grattacielo a forma di scheggia impazzita, completamente fuori scala e fuori pure di testa. In nessun luogo ci sarebbe una vecchia centrale elettrica, tra i simboli della città da convertire in galleria d’arte.
“London loves
The mystery of a speeding car
London loves
The misery of a speeding heart”
Una vecchia canzone dei Blur inquadra molto bene lo spirito industriale della città, ed uno dei motivi per cui non ho mai smesso di amarla.