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11: Originals

Quanto è difficile essere originali? Lo spunto ci viene dalle puntate precedenti, dove abbiamo ospitato band emergenti italiane e ci siamo chiesti quale avremmo messo sotto contratto, se fossimo stati dei discografici. Chi è stato davvero originale? Storicamente quali sono gli artisti che lo sono stati? Vi proponiamo una carrellata di artisti che secondo noi […]

A Muse duro (la solitudine dei numeri terzi)

Archiviata un’orrenda avventura a Berlino, torniamo a concentrarci sulla nuova stagione di indiebar, che tra qualche settimana ricominciera’.

Nelle radio impazza l’inutile album dei Muse, una band giunta ormai oltre ogni qualsiasi soglia di sopportazione tanto da farci tornare in mente un vecchio teorema di Billy Corgan: “una band dopo il terzo album dovrebbe sciogliersi“.

La cosa detta da lui suscita una certa ilarita’ dato che da anni si ostina a pubblicare album infangando il nome sublime degli Smashing Pumpkins, da lui stesso creati, distrutti, rigenerati ed ora abusati. Se applicassimo il teorema del 3 alle zucche, avremmo avuto un ottimo esordio (“Gish”), poi il capolavoro con “Siamese Dream” ed infine l’apoteosi con il fin troppo lungo “Mellon Collie And The Infinite Sadness” (gia’ il titolo non finiva più….).

Nel caso dei Muse avremmo avuto “Showbiz”, “Origin Of Symmetry” ed infine “Absolution” prima del declino imbarazzante di “Black Holes…” che li ha traghettati dal Reading Festival a suonare in playback a quelli che il calcio, per altro sfottendo ottimamente la Ventura ed il sempre ignorante pubblico medio italiano.

Che dire ad esempio dei Pearl Jam? Con “Ten”, “Vs” e “Vitalogy” saremmo stati abbondantemente a posto ed avremmo evitato di trascinare una storia superlativa verso un lento ed inesorabile declino.

 

Con i Blur avremmo avuto “Leisure”, “Modern Life is Rubbish” e “Parklife”. Insomma tutto il meglio del quartetto di Seymour. Anche se forse avremmo perso delle chicche come “Song Two” e “Coffee and TV”, che magari Albarn avrebbe riproposto in una delle sue tante reincarnazioni postume.

Triste e’ il quadro pure degli Oasis, se si pensa che avrebbero potuto tranquillamente litigare definitivamente già dopo “Definitely Maybe”, “Morning Glory” e “Be Here Now” risparmiandoci cosi dischi inutili quali ad esempi “Standing On The Shoulder Of Giants” o “Dig Out Your Soul”.

Poi i Radiohead (qui i fans hanno gia’ il colpo in canna) che dopo “Pablo Honey”, “The Bends” e “OK Computer” avevano già’ detto tutto il dicibile. A mio avviso (sento già i primi spari) potevano fare tutti quei rumorini sperimentali sotto altro pseudonimo, magari solo per tre ulteriori dischi. Bang bang bang!!

In compenso c’e chi oltre al terzo disco non c’e mai arrivato, come ad esempio i Nirvana che dopo “Incesticide”, “Nevermind” e “In Utero” hanno fatto la fine (autoindotta) che sappiamo. Infatti il loro mito e’ bello integro e nessuno vuole immaginarsi Kurt Cobain bello grassoccio a causa della vita rock and roll a fare Jam Sessions con Neil Young al SXSW festival.

Chi invece il terzo disco lo deve ancora fare sono gli Stone Roses. Dopo l’omonimo esordio ed il turbolento “Second Coming” si sono sciolti fino ad un insperato ritorno cui, dicono, farà’ seguito un terzo (e speriamo ultimo) disco, il cui preambolo fa davvero ben sperare.

Potremmo proseguire per ore e ore, di esempi ce ne sono a centinaia.

Il teorema del terzo disco ha un suo perchè, e non risparmia nemmeno gli inutili ……Muse.

 

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